IMPRESSIONI D'AGOSTO

Domenica




Domenica di agosto. La prima. Caldo afoso in città. È presto, non prestissimo, ma presto per essere una domenica e una domenica d’estate.
La città è praticamente deserta. Sul tram che mi porta da casa verso il lavoro (sì lavoro abitualmente di domenica), solo qualche persona che parla un’altra lingua. Forse turisti. Un unico bar aperto nel punto di incrocio dove devo cambiare mezzo per arrivare a destinazione. Decido di fermarmi a fare colazione. La scelta è veloce. Tre tipi di brioches: vuota, cioccolato e marmellata. Quest’ultima si divide in: arancia e frutti di bosco. La mia mente rapidamente esclude, calcola riduce: le due marmellate. Su una delle due brioches troneggia una grossa mora matura. È fatta. È quella. Mi soffermo a pensare a come ho scelto. Una rapida combinazione di calcolo, scomposizione e scelta istintiva.  Sorrido. Una volta qualcuno mi ha detto che il modo in cui organizzo le cifre per contare, il modo in cui il mio cervello scompone e riduce nel calcolo, è simile a quello di un computer, “hai la mente come il computer. Ragioni nello stesso modo”. Non so se fosse un complimento o meno, ma se penso alla persona che me lo ha detto, probabilmente sì, lo era.
Rido tra me e me e addento le morbide profondità della brioche che, devo ammettere, non viene meno alle promesse del proprio aspetto. Deliziosa. Così, gustandomi la dolcezza, ma non troppo, della marmellata ai frutti di bosco arrivo, senza nemmeno pensarci, a mordere la grossa, scura, mora matura. E qui, entro in un altro mondo.
Ora, qualcun altro parecchio tempo fa ha costruito una sequenza di testi, ricordi e ricerche emozionali e filosofiche partendo dal morso dato ad un biscotto, quindi non sto scoprendo nulla di nuovo. È un meccanismo conosciuto, ma è questo è quello del mio mondo e della mia ricerca, dunque lo descrivo.
Come il sapore della mora ha invaso totalmente la mia bocca, si sono aperti spazi di terra brulla e boschi di ulivi arrampicati sulle pareti di colline. Cespugli di rovi ai bordi della strada mani di bambini che si infilano tra le spine per raccogliere i frutti più maturi; poi, quando il secchiello, lo stesso secchiello che la mattina era stato riempito di acqua di mare e sabbia, era pieno di more grosse quasi come prugne e scure come il cielo della notte, seduti, all’ombra degli ulivi le mani affondano, si riempiono di frutti e succo rosso scuro che cola e tinge tutto. Ognuno mangia in modo diverso. Chi si riempie la mano e divora l’intera manciata tutta insieme, la bocca piena. Chi invece gusta le more una ad una, lasciando sciogliere ogni piccolo “pallino” del frutto in bocca assaporandone lentamente il gusto.
Il profumo di pini marittimi riempie l’aria, misto a quello d’ulivo. Le cicale continuano nel loro canto dando a tutto un senso di stasi, di pausa.
Il gruppo dei bambini si è riposato sufficienza e iniziano a giocare. I loro schiamazzi, però non disturbano l’atmosfera, ma si perdono attutiti dal caldo ovattato del pomeriggio. Tutti a piedi nudi tra gli aghi di pino e le foglie d’ulivo, su questa terra secca e sassosa che nasconde segreti profondi e antichi.
Mi vedo guardarli giocare e mi vedo tra loro giocare e sento nei piedi il caldo delle radici e dei sassi riscaldati da secoli di sole.
Momenti di un’infanzia senza tempo.
La mia prima domenica di questo agosto caldo e afoso è iniziata così. E la vostra?


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