Ci sono mille luci questa notte nel bosco. E poi c'è la luce della penna con la quale scrivo. Ci sono mille luci questa notte nel bosco e c'è la fiamma di questa candela.
Piccolo essere color caramello. Eri davvero piccolo, con quelle orecchie enormi mezze penzolanti e il musone. Sei arrivato a riempire il cuore un po' confuso di un ragazzo diciassettenne. E quello di tutti noi.
Sei nato tra le luci del Naviglio, in quello spazio stravagante condiviso di sogni, avventura e anche un po' di illegalità (anche un po' di più di un po'), ma che portava in chi (pochi) ci credeva una speranza di cambiamento.
Quanto eri piccolo mentre attraversavi quella piazza trotterellando di fianco al tuo papà, che veneravi, quando io venivo a prendervi restando lontana e un po' nascosta, ansiosa di accogliervi e di sapervi, almeno per quella notte, al sicuro.
Fobos è stato il tuo primo nome e forse per quello eri impaurito da tutto se ti allontanavi dal tuo papà. O forse il contrario, avevi attratto quel nome proprio per le tue paure. Chissà.
Montagne di libri, cavi, scatolette morsicati e distrutti, sparsi ovunque tra scarpe e palloni da rugby; pagine disseminate sul pavimento lungo il corridoio (ho ancora dei libri che riportano gli immancabili segni dei tuoi morsi), cuscini del divano ribaltati. Il tubetto del lucido da scarpe. La bottiglia della grappa e quella dell'olio, sparpagliati e rotti in giro per la casa. Fino a quando non ho capito che era solo paura la tua. Paura di essere abbandonato in uno spazio troppo grande che ti rimbombava intorno. Allora ti ho creato il tuo piccolo spazio sicuro. Ti ricordi il piccolo bagno in cui andavi con l'acqua, la coperta e la tua pallina? (quella che non abbandonavi mai). Lì eri meno impaurito e lì ti lasciavo quando in casa non restava nessuno. Al rientro ti ritrovavo un po' meno tremante e meno carico di sensi di colpa per i danni che avevi combinato, anche perché lì dentro di danni non ce n'erano.
In tutti questi anni, Bus, non mi sono mai perdonata i mesi in cui ti ho dovuto lasciare in un rifugio (e non ho perdonato chi mi ha costretto a farlo). Poi però il riscatto è stato meraviglioso, l'Amore nei tuoi occhi quando finalmente ti ho ripreso e portato dal tuo papà.
Certo non sei stato facile da gestire nemmeno per lui. Dolcissimo con noi feroce con qualunque altro animale si avvicinasse. D'altra parte sei figlio della confusione adolescenziale.
Oggi, Bus, ti celebro mangiando quella Nutella (beh, non proprio la stessa visti gli anni passati) che rubasti e condividesti con la Regina della Casa, Sasha, l'unica in grado di metterti in riga all'epoca (a parte il tuo papà, ovviamente) e che inspiegabilmente (e fortunatamente) non vi ha procurato nessun danno allora, nemmeno un leggero mal di pancia, solo una macchia sul divano e il pelo lungo della Regina appena un po' appiccicoso sotto il mento.
Non aver paura Bus, varca la soglia, che la fiamma di questa candela ti guidi e sia la porta che ti conduce ai prati dell'aldilà, dove correrai e giocherai ancora con il tuo legno. Non aver paura Bus, non sarai solo, ci sarà lei ad aspettarti, Sasha la Regina, ti accompagnerà e, come sempre, sarà pronta a bacchettarti.
Noi di qua, ti terremo sempre nel nostro cuore.
Ciao Bus
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