Un racconto tratto da: Storie di donne normali della collezione: Storie di un Cantastorie vol.2

Maria


Poi c’è Maria.
Maria è tutto un altro tipo di donna. Minuta, grandi occhi scuri e profondi, capelli neri portati per lo più in due grosse trecce avvolte attorno alla testa. Maria è una donna di tempi antichi, nata all'inizio del secolo (il 1900) ha imparato a vivere le proprie emozioni lontano dagli occhi degli altri, le custodisce in segreto.
Maria ama come quasi ogni donna sa amare, ma poche donne trovano un riscontro così totale e appagante come quello che Maria ha trovato, il suo uomo la ama nello stesso modo, perdutamente e infinitamente.
Maria ama profondamente, con tutta se stessa, e dona tutta se stessa, anima e corpo, al proprio amore.
La passione, oltre all'amore, l’avviluppa a tal punto che si dona al suo adorato anche nelle lettere che gli scrive quando non sono insieme.
Maria combatte in segreto per questo amore contro una famiglia perbenista e un po’ bigotta, che forse la vorrebbe fidanzata con qualcun altro; una di quelle famiglie per cui l’amore tra due persone si dovrebbe esprimere solo in rari incontri pubblici, con i parenti presenti, per finire in un matrimonio annoiato dopo qualche anno di fidanzamento. Lei questo non lo accetta e incontra l’Amore segretamente, gli si dona e lui si dona a lei nel totale abbandono dei sensi e della passione, in totale accordo e armonia. Loro sono una sinfonia perfetta, costruita nota per nota nel crescendo continuo, fino al risultato finale.
Maria combatte con tanta determinazione la propria famiglia, che deve ricorrere al “matrimonio riparatore”, perché lei sa, che l’onta di una sorella e figlia incinta senza matrimonio, non è accettabile per loro che quindi cedono all’inevitabile e accettano la determinazione dei due a sposarsi.
Finalmente lei e il suo amato possono godere uno dell’altra senza nascondersi. Vivono il proprio amore e la propria famiglia che cresce. Dai loro incontri segreti nasce un bellissimo bambino e un paio d’anni dopo un altro.
È una famiglia serena. Lui è orafo, artigiano di metalli e pietre preziose che tratta con la delicatezza e l’amore con cui tratta la moglie. A lei regala i modelli in bronzo e argento di gioielli che poi realizzerà in metalli più preziosi da vendere a clienti facoltosi, ma nel lavorare la filigrana d’argento, come se fosse una sottilissima e fragilissima tela di ragno, pone tutto l’amore per lei, Maria. Sono opere magiche, leggere come il vento, della bellezza dei fiori sbocciati al mattino. In ogni piccolo nodo o piega del filo, un pensiero per lei, sua moglie, il suo amore infinito, che lo attende a casa con i bambini e, dopo che i bambini saranno addormentati nella loro camera, lo aspetta nel loro letto coniugale con la stessa passione di quando si incontravano di nascosto ad amarsi sotto gli alberi. Il solo pensiero di lei con i suoi grandi occhi neri, i capelli sciolti sdraiata tra le lenzuola candide, gli fa aprire talmente il cuore che il gioiello che sta costruendo diventa, se è possibile, ancora più bello. Tra le sue mani il filo d’argento si plasma e trasforma in un’opera d’arte. Ecco il modello è pronto, domani lo farà vedere alla cliente ed è certo che non ci saranno cambiamenti da fare, lo vorrà in oro esattamente così, perché questo è perfetto, perché questo è per lei, per Maria, la sua Maria, il suo unico grande e potente amore.
La vita di Maria scorre serenamente tra la casa e i figli nell'attesa del rientro del marito la sera. Anche lei pone tutta la sua passione per lui nel crescere i due figli, espressione concreta del loro amore. Maria è felice, di una felicità che si nota solo nel brillio dei suoi grandi occhi scuri. In una scintilla che scatta quando il pensiero va a lui che è al lavoro e sta muovendo le mani per piegare i metalli preziosi e trasformarli in oggetti con un’anima, le stesse mani che si muovono su di lei la sera, con la stessa delicatezza con cui sfiora i fili d’oro e d’argento, e trasformano il corpo e l’anima di Maria in un fiore carico di rugiada che sboccia al mattino.
Sono una famiglia felice, ma arriva la guerra. Paura e preoccupazione attraversano i grandi occhi scuri, soprattutto per i figli che ama immensamente, che ne sarà di loro? Da qualche anno vanno a scuola e già da un po’ li hanno vestiti tutti uguali e li fanno marciare tutti insieme, ma sono sempre i suoi bambini e quando tornano a casa hanno gli occhi gioiosi di sempre. Però adesso c’è la guerra e cosa accadrà?  Le preoccupazioni di Maria, però, svaniscono la sera quando il marito rientra dal lavoro con un anello in bronzo per lei a sostituire la fede d’oro, quella che suggella il loro amore, che le hanno sequestrato perché sequestravano tutti i metalli preziosi in nome della Patria.
Nonostante la guerra la vita continua e Maria la mattina saluta dalla finestra il marito che si avvia verso il centro della città, a lavorare, il bambino più piccolo in braccio, l’altro in pedi di fianco a lei. Tutti e tre salutano, e mandano un bacio al papà. Maria e il marito sorridono, perché sanno di cosa è carico per loro due quel bacio mandato al volo dalla finestra. Nulla può fermare la loro passione, nemmeno la guerra.
Invece la guerra lo fa. Li surgela lì in quella fotografia di quella mattina. Un bombardamento che mira ad un edificio preciso, in centro, dove si sa che lì si riuniscono i capi. L’edificio è proprio di fianco a dove lavora il marito di Maria. Un bombardamento, uno di quelli caduti per errore nel posto sbagliato? (come se ci fosse mai un posto giusto per far cadere delle bombe). Velocemente suona la sirena, ma le sirene di solito sono due, una a poca distanza dall’altra, perché la prima avvisa che gli aerei stanno per arrivare, così la gente riesce a scappare, a correre nei rifugi, poi c’è la seconda che arriva per dire “gli aerei sono in cielo, la bomba sta per cadere”. Questa volta le due sirene suonano insieme. Lui, l’amore di Maria, corre veloce, vuole scendere la scale più in fretta possibile, prendere la bicicletta e correre a casa da lei, dai suoi figli, perché la loro casa è ad alcune centinaia di metri da dove lui lavora. Mentre cerca di scendere più veloce che può, le scale crollano. Una caduta infinita in quella voragine, mentre cade ancora pensa di riuscire a raggiungere la strada, la bicicletta che lo porterà a casa, vede il volto della moglie alla finestra la mattina che lo saluta e lo aspetta, vede i suoi figli. Poi non vede più nulla. Poi non esiste più. È diventato un’unica cosa con i mattoni, le pietre il legno e il ferro delle scale. Lui e chi, come lui, cercava di fuggire percorrendo quei gradini tentando di essere più veloci della bomba.
E’ sera e per un po’ i bambini aspettano che il papà rientri a casa per la cena. Maria, lo sa, se lo sente dentro che è successo qualcosa di brutto, ma tace per non preoccupare i figli. Poi il papà non arriva. Lei si fa sempre più muta, prepara i ragazzi per la notte. Intanto le notizie arrivano dal centro, ma lei non può scappare e andare a vedere, ha i bambini da accudire. Poi arriva qualcuno, un amico, un conoscente, il fratello sacerdote che porta la notizia. Sì, lui era in ufficio al momento del bombardamento, non ce la fatta. Insieme a lui altri che erano sulle scale non sono riusciti a scappare nelle cantine, chi è rimasto negli uffici senza uscire, invece è sopravvissuto, le dice il fratello. “Insieme a lui altri che erano sulle scale…” quelle parole le risuonano come un eco nella testa e non hanno senso; come se il fatto che ci fossero anche altri dovesse alleviarle il dolore. Ci hanno messo un po’ a capire chi si era salvato e chi no, poi sono riusciti. Maria ora è muta, i grandi occhi neri non brillano più, sono coperti da un velo pesante che non riesce a togliere e non riesce a farle vedere nulla se non le mani di suo marito che stanno lavorando un filo d’argento, un fiore, un gioiello per lei. Non riesce nemmeno a vedere il suo volto, solo le sue mani. Il bambino più grande arriva in cucina: - mamma, papà? – chiede. Maria non parla, allunga le braccia e accoglie il figlio, quel figlio frutto del loro amore e della sua battaglia contro tutti. Quel figlio arrivato ancora prima che l'amore fosse pubblico e sugellato dalla legalità. Quel figlio che era il loro trofeo, perché grazie a lui avevano potuto superare tutti gli ostacoli e diventare marito e moglie. Tiene stretto il bambino tra le braccia, le scende una lacrima che subito rimanda indietro e dice: - Tesoro, ora noi dobbiamo essere forti, per tuo fratello che è piccolo e per tutti gli altri. Ora sei tu l’ometto di casa. – e questo bambino di otto anni in un attimo è improvvisamente diventato il responsabile della famiglia.
La vita di Maria è continuata perché doveva crescere i figli e prìerché la vita continua. Aiutata dalla propria famiglia che l’ha accolta in casa con i bambini, si è prodigata per tutta la vita per rendere la casa dei fratelli e sorelle bella e accogliente.
La guerra è finita da tempo, i figli crescono e studiano, per lei questo è importante. Non ha mai più sorriso come prima Maria, non ha nemmeno mai versato lacrime in pubblico; solo ogni tanto la sera da sola nel suo letto girando tra le dita quell'anello in bronzo (i fratelli e le sorelle le hanno da tempo fatto rifare e regalato un anello d’oro, ma lei continua a portare quello di bronzo), chiudendo gli occhi, rivede le mani del marito che modellano l’argento e le scende una lacrima.
A volte mentre cucina ricorda quando preparava la cena per lui che rientrava ed un leggero barlume le appare nei grandi occhi scuri come quando, un giorno insegnando alla nipote piccola, figlia di quel figlio che era stato il pilastro del suo amore, a pulire i fagiolini, le è apparso un lampo di voluttà negli occhi, perché in quel gesto quando puliva i fagiolini per lui, metteva tutto l’amore che aveva, come lui metteva tutto il suo amore nel piegare i fili d’argento per lei.

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