IMPRESSIONI DI... 

Festività


IL PACCHETTO DI NATALE

Aveva ormai preparato tutti i pacchetti per tutti i regali di Natale.  Per i figli, gli amici, i parenti.
La scelta dei regali era stata ponderata ed era durata qualche mese. Non che fosse stata impegnata per mesi nella ricerca, ma già da due, tre mesi prima dell’arrivo del Natale, ogni volta che andava in il centro e si soffermava ad osservare le vetrine guardava gli oggetti con un interesse diverso, pensando a chi sarebbero potuti piacere, pensando a chi avrebbero fatto piacere, e quindi a chi regalarli.
Questo tipo di osservazione le piaceva. Lo metteva in pratica da anni, fin da quando era una ragazzina, perché in realtà a lei piaceva fare i regali. Fare regali alle persone a cui teneva era una gioia, forse ancora maggiore di quella del riceverne. Comportava avere una certa attenzione verso il ricevente, un pensiero particolare, l’aver colto nel tempo un piccolo segno dei suoi gusti. A volte le piaceva fare regali scherzosi, che erano un po’ una bonaria presa in giro nei confronti di chi li avrebbe ricevuti. Un modo per scherzare insieme.
La scelta poi delle carte da regalo, i fiocchettini, seguiva lo stesso principio. I colori dei nastri utilizzati rispecchiavano i gusti di chi avrebbe ricevuto il pacchetto, perché anche il pacchetto è un regalo in sé.
Aveva quindi preparato tutto, le mancava solo un ultimo pacchetto da fare, per zia Vittoria. Zia Vittoria era una zia che non veniva frequentata molto in famiglia, abitava lontano, non era molto socievole, ma soprattutto non entrava mai nelle discussioni familiari prendendo le parti di uno o dell’altro contendente. Zia Vittoria preferiva astenersi da qualunque commento, anzi preferiva proprio non sapere nulla sulla questione che era fonte del contrasto. Ogni tanto qualcuno di quella famiglia piuttosto numerosa le telefonava e con delle banai scuse e dei giri di parole cercava di metterla al corrente di pettegolezzi e fatti di altri membri della famiglia e di estirparle una qualche considerazione sulla faccenda, lei tagliava corto dicendo che tutto ciò che non veniva direttamente dalla persona autrice del fatto o della dichiarazione non le interessava, salutava e sbrigativamente diceva di essere impegnata e chiudeva la telefonata o se ne andava via di fretta.
Aveva anche la fama di essere un po’ scorbutica e poco incline alla disponibilità e a socializzare perciò, a parte le riunioni ufficiali di famiglia, che ormai si erano ridotte ad essere pochissime all’anno, Natale, appunto, e un paio di altri incontri in occasione del compleanno dei nonni, nessuno la frequentava un granché.
Fatto sta che a Margherita restava da fare solo il pacchetto per zia Vittoria e mentre nella mente le scorrevano le varie opinioni e quello che la famiglia diceva di lei iniziò cercare la carta giusta, i nastri colorati, le etichette, per scegliere quella adatta da mettere con scritto il nome. Prese le misure, tagliò la carta e cominciò ad avvolgerla attorno al regalo. Non riuscì. La carta si ripiegava da una parte e si srotolava dall’altra. Riprovò ancora, ma mentre cercava di piegarne un angolo la carta si tagliò. – cavoli! – pensò – proprio ora che è l’ultimo pacchetto.
Ricominciò da capo, con pezzo di carta nuovo. Il foglio le sgusciava via dalle mani come se avesse preso vita e non ne volesse proprio sapere di ripiegarsi su se stesso per diventare una custodia temporanea dell’oggetto destinato a diventare un regalo.
-          Ma cosa diavolo succede? – si chiese Margherita.
E mentre si faceva questa domanda le vennero in mente i giorni passati insieme a zia Vittoria quando era piccola. Era capitato che, per qualche motivo che allora le era sconosciuto, i genitori l’avessero lasciata per una breve vacanza da lei, nella sua casa in campagna.
Ricordava le passeggiate nei campi fioriti e la zia che le insegnava a riconoscere piante e fiori, dicendole i loro nomi e spiegandole le proprietà di ciascuna pianta; cose che ovviamente lei non ricordava nei dettagli, perché era veramente una bambina piccola, ma che le avevano lasciato un certo senso di riconoscimento nei confronti delle erbe, un po’ come se le riconoscesse e se le sentisse amiche.
Ricordava, di quel periodo, le torte e il pane fatto in casa, con la zia che le permetteva di impastare la sua piccola parte restando in ginocchio sulla sedia vicino a lei, perché era troppo piccola per arrivare al piano del tavolo. Chiudendo gli occhi rivedeva le mani della zia che impastavano e le sembrava che in ogni gesto, in ogni schiacciamento ed allungamento dell’impasto ci fosse qualcosa della zia che entrava nell’alimento. Forse per quello il pane che mangiava lì era così buono.
Si ricordava i cani che saltavano e correvano in giardino e lei e la zia che giocavano con loro. Si ricordava la zia che le aveva permesso di dormire nel suo letto una notte che il temporale le metteva tanta paura da non riuscire a prendere sonno, zia Vittoria l’aveva tenuta stretta, vicina vicina.
Era stata una bella vacanza, in cui la zia l’aveva fatta divertire e le aveva insegnato tante cose. Al suo rientro a casa aveva scoperto che i genitori si erano separati, ma tutto ormai era sistemato, insieme l’avevano portata a visitare le due case, quella della mamma e quella del papà, che erano vicine così lei sarebbe potuta stare un po’ di qui e un po’ di là come avrebbe preferito, le avevano fatto vedere le due camerette, arredate apposta per lei.
Durante la vacanza la zia non aveva fatto parola della cosa, ma soprattutto non aveva mai detto nulla contro o a favore di un genitore a scapito dell’altro.
Dopo un attimo le venne in mente quando, adolescente, voleva “scappare di casa”, perché non si sentiva capita, si sentiva costretta in una realtà che non era la sua, anche se ancora non aveva chiaro quale sarebbe potuta essere la sua. Allora un giorno prese il treno e arrivò fino alla città dove abitava zia Vittoria, le si presentò così all’improvviso alla porta di casa. La zia le disse solo – Ciao, entra, facciamo un tè? – non le chiese nulla. Poi quando Margherita cominciò a riversare una cascata di parole che come un’inondazione avrebbero voluto avere lo scopo di far dire alla zia: “hai ragione ti capisco, bisogna trovare una soluzione”, invece tacque. Ascoltò tutto fino in fondo, poi versandole dell’altro tè le disse: - prenditi una pausa. Da tutto e da tutti. Non dare per scontato né il no né il sì, fai una pausa e resta qui. Mi dai una mano con il mio lavoro, poi qualche idea ti verrà. Lascia solo che telefoni ai tuoi dicendo loro che sei qui, così almeno non rischiamo che ti denuncino come persona scomparsa -  e così fece. Chiamò la madre e il padre e disse loro: - Margherita è qui sta bene, resta da me per un po’, va bene? – e così fu.

Margherita restò con zia Vittoria parecchi mesi. Perse l’anno scolastico, è vero, ma rimase con le mani in mano, la zia lavorava per conto proprio, aveva un piccolo negozio che vendeva prodotti naturali, particolari oggetti di arredamento e gioielleria, e abbigliamento fatto su misura. Margherita quindi in quel periodo aiutò la zia nel confezionamento degli abiti, restando in negozio quando lei era impegnata con clienti o fornitori, oppure seguendola e aiutandola nella presentazione dei prodotti. Dopo un po’ di tempo aveva ricominciato a sentire telefonicamente i genitori e successivamente ad andare a trovarli ogni tanto, fino a quando decise di tornare a casa; era appena finita l’estate, si riscrisse a scuola con le idee più chiare anche sul proprio futuro. Tornava poi ogni tanto a trovare zia Vittoria per chiacchierare con lei dei tessuti per gli abiti o delle pietre per i gioielli. Il sentimento di affetto che provava per zia Vittoria superava ogni pensiero e pettegolezzo che la famiglia aveva su di lei. Anzi queste opinioni si sgretolavano davanti alla saggezza senza pretese della zia. A quel punto le sue mani e la carta per avvolgere il pacchetto cominciarono a muoversi in sincronia, e senza ulteriori intoppi il pacchetto fu pronto, con un fiocco pomposo che troneggiava nel mezzo, come simbolo del suo legame con questa zia un po’ strana. Sorrise pensando al giorno dopo quando si sarebbero riuniti tutti e quando qualcuno avrebbe cercato di sussurrarle all’orecchio qualche commento poco carino nei confronti di zia Vittoria, sapeva benissimo cosa avrebbe risposto; - scusami, sai, non ho tempo ora per questo, anzi Zia Vittoria! Vieni ci beviamo qualcosa insieme? – 

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